venerdì 30 luglio 2010

Ops, Burani scivola in passerella


La Burani non c'è più.
Ma che cosa sarà mai la Burani? Scommettiamo (soprattutto lo facciamo con le signore) che nel vostro guardaroba avete molti pezzi usciti dai magazzini di questa ditta premiata che fu?
Mutande (La Perla), borse (Braccialini, Biasia, Coccinelle), scarpe (Sebastian, Baldinini), tute (Freddy), senza contare qualche decina di marchi in licenza.
Se proprio un paragone si può fare, il pasticciaccio Burani è più simile allo scandalo Madoff che non al crac Parmalat.
Non ci sono obbligazioni piazzate alle zie di mezza Italia, piuttosto ci sono quote di società e briciole di holding sparse qua e là tra amici più o meno vip.
In poche parole, con la massima presunzione di innocenza - che si riserva nell'ipergarantismo anche a chi ha fatto sparire un parco di auto storiche dal garage - qui si parla di ricchi (o ex, che però faticavano a farsene una ragione) che hanno dato un pacco ad altri ricchi.
La lista dei beffati è lunga e vanta cognomi eccellentissimi nella moda, nei vini e nelle bevande: nomi altisonanti, di ottima borghesia industriale lombarda, che troviamo sulle etichette di molte cose che mettiamo nel carrello al supermercato (ma che non citiamo perché vogliamo evitare troppo amaro in bocca).
Tutti hanno acquistato rami e rametti in aziende legate alla famiglia di Cavriago, perché tra amici e amici degli amici si fa... Detto fra noi, arcicavoli loro: se uno si fida, poi non si lamenti.
Si narra di un buco che dai 700 milioni di euro potrebbe arrivare fino al miliardo.
Quello che non si narra è come sia stato possibile che una società quotata, già in amministrazione controllata, comprasse marchi su marchi e lanciasse opa su marchi in parte già posseduti, quando nella maggioranza dei casi tante di queste operazioni, anche agli occhi di un commercialista fresco di studi e mediamente scafato, sarebbero subito apparse come incroci e sminestramenti su parti correlate, convenzionalmente vietate.
Anche qui, come in tanti altri casi, è sparito tutto: abili manine in questi ultimi mesi hanno sfilato immobili e ciccia varia dalal holding per piazzarle in tutta comodità dentro fondi patrimoniali inaccessibili ai creditori.
A proposito, c'è qualche uccellino che va in giro a dire che ora la moda trema.
Sbagliato. La moda... trama.
Se sei quotato è un conto, ma se non lo sei puoi continuare anche a riempire i magazzini di merci cinesi e giocare con le false fatturazioni, tanto chi vuoi che se ne accorga? Alla Consob non c'è nemmeno il presidente...

venerdì 23 luglio 2010

Scopri che cosa Fiat ha in serbo per te!


All'indomani della minaccia-choc di spostare la produzione delle monovolume in Serbia, in un'ipotetica classe di un istituto...

Tema.
Parla dell'industria italiana più famosa e racconta la tua esperienza personale con lei.

Svolgimento.
La Fiat è una grande industria italiana. Produce molte macchine, ma tante restano sul piazzale di Mirafiori, soprattutto le Multiple. Così le faranno da un'altra parte, e nessuno potrà più scattare delle foto compromettenti.
La Fiat ha comprato la Chrysler ma adesso forse dovrà ripensarci perché nel garage non c'entra...
Sembra che la Fiat, che è nata a Torino, sia leader su alcuni mercati: per esempio la Sardegna (laggiù hanno tutti la Panda, macchina resistente, infatti nessuno paga l'assicurazione...).
Fiat, però, è generosa: ha sempre qualcosa in serbo per te!



PS Tornassimo indietro, forse il capitolo "Immatricolata Concezione" lo scriveremmo diversamente. Quanto fatto da Marchionne con Chrysler è stato grandioso, ma mettendoci per un attimo nei panni delle famiglie di Pomigliano e Mirafiori, non c'è più troppa voglia di ridere.

Zu Nino, dal bonifico alla bonifica...


Zunino (tutto attaccato, Zu Nino è un altro: commercia in triglie di sfroso davanti alle Eolie) è stato bonificato un anno fa.
Infatti gli hanno mandato un bel bonifico da mezzo miliardo di euro per salvarlo da un fallimento imbarazzante.
Imbarazzante per chi?
Per chi l'aveva rifornito di contanti per costruire palazzi che non riusciva a vendere, perché bello com'è quel radioso quartiere, se ci vai dopo le otto di sera (e non lavori a Sky, che loro hanno le guardie private) ti scambiano per un pusher di cristalli allucinogeni, senza contare che bisogna fare lo slalom tra topi, buche e pozzanghere dove sguazzano fra un po' anche le sanguisughe.
Ora, per bonificare l'area di Santa Giulia a Milano dove i palazzi sono stati costruiti sopra una bomba batteriologica (cancerogena), serve più o meno la stessa cifra.
Sarebbe imbarazzante che non si trovasse un bel consorzio di garanzia per sistemare la cosa.
Lo sapete come si chiama/chiamava la società di Zunino? Risanamento...
Porca miseria, il destino a volte è proprio bastardo.

PS. ma avete idea di quanto possa essere "sporca" un'area il cui costo di pulizia è pari alla metà del suo valore? Con la beffa che, anche rilevandola, i palazzi andrebbero abbattuti per permettere la bonifica. E bravo Zu Nino...

lunedì 19 luglio 2010

C'è un ventaglio di (brutte) possibilità


Provate a immaginare chi, dopo l’anno tra i più orribili della storia, sogna di andarsene in vacanza.
Provate poi a immaginare chi, per farlo, ha addirittura chiesto il solito prestito trinciaossa.
Ora, infine, immaginate chi ha fatto entrambe le cose scegliendo i Viaggi del Ventaglio come tour operator.
Nel giorno in cui l’Istat rivela che il 24% degli italiani acquista pacchetti turistici sul web, dovrebbe fare notizia che fino a venerdì scorso, a Ventaglio già fallito e digerito, sul sito del gruppo i viaggi (col buco) si potevano ancora acquistare. Se cliccate adesso, c’è scritto che la sezione “shopping” è in manutenzione, ma fa impressione che la homepage sia ancora accattivante, tutt’altro che listata a lutto.
Non cercate la parola “default”, “fallimento”, “chiusura”: non c’è.
Chi doveva sapere, anche stavolta, sapeva.
Sinceramente, chi ha acquistato un viaggio dal Ventaglio se ne frega che questa società fosse da un paio d’anni sulla “lista nera” della Consob.
E il problema, forse, non è nemmeno questo, quanto che i cataloghi siano stati tranquillamente spediti, distribuiti e piazzati nelle mani di tanti italiani convinti dalle immagini bikini-cocktail-ombrelloni-disco-buffet
Molte agenzie turistiche, con coscienza, questi cataloghi non li hanno distribuiti. Altre l’hanno fatto. I clienti di queste ultime dovrebbero chiedere spiegazioni (e se si portano dietro un amico che fa il buttafuori in qualche discoteca nel Viterbese, potrebbero spuntare almeno un weekend gratis a Lignano).
C’è chi ora, forse con l’obiettivo di racimolare qualche “tessera” sostenitori, potrebbe inventarsi una class action. Occhio: non c’è più un patrimonio sul quale sperare.
Il Ventaglio da tempo ha già ceduto i suoi gioielli e ora ha chiuso.
E’ il triste epilogo di chi aveva inventato l’all inclusive.
Tutto incluso.
Anche la bufala.

martedì 13 luglio 2010

La nuova "loggica" delle cose


Nel centro di ricerca del campus scientifico dell’Università di Milano c’è un laboratorio off limits in cui vengono custoditi batteri e virus pericolosi.
Questo laboratorio, che ha una porta blindata con tanto di triangolone giallo appiccicato sopra (“Bio hazard”, come nei film) si chiama P2.
Fortunatamente, dal laboratorio non è uscito niente.
Ma dai meandri della memoria e da qualche sottoscala sì: in questi giorni, infatti, si parla tanto di questo nuovo virus “loggiante” dal nome in codice P3.
A noi della P3 non può fregare di meno (se fosse la punta di un iceberg, tanti auguri e chi deve andarci vada pure in galera).
Ci frega un po’ di più assistere invece ai tentativi di deviazione che portano lontana l’opinione pubblica dai veri problemi che toccano le nostre tasche, il nostro futuro e il futuro dei nostri figli. E’ tutto esattamente come prima, forse peggio.
E noi abbiamo sempre creduto che sia in queste logiche (anzi “loggiche”, da loggia, così ci adeguiamo al tormentone) che si nasconde l’intento delle lobby più potenti di questo paese che non corrompono assessori, magari però ingaggiano comici per rendere rassicuranti i loro spot.
Mai come in questo tempo penultimo lottare contro di loro è come lottare contro i mulini a vento…
E' l'eolico, bellezza!

I nostri debiti corrono a 21 milioni all'ora


Il debito pubblico italiano è cresciuto a maggio di 15 miliardi di euro rispetto al mese precedente. Se, detta così, la cosa non vi dovesse colpire più di tanto e restare solo un numero su una grafica anonima dispersa in qualche telegiornale, provate a leggerla così: in Italia il debito cresce di 484 milioni al giorno, oppure di 21 all’ora, e la cifra complessiva raggiunta in 31 giorni vale più della ricchezza prodotta in un anno dal Paraguay, recente nostra rivale ai Mondiali (e bravissima catenacciara) .
Davanti a queste cifre è onestamente difficile pretendere che le famiglie non si indebitino, visto che lo Stato offre veramente un pessimo esempio.
Lo offre, se è per questo, anche nella lotta all’evasione, sbandierata come un vessillo per prendere qualche voto in più tra le casalinghe di Voghera e gli alpini di Cuneo, ma nella realtà rimasta un sogno irrealizzabile.
Secondo i dati dell’Istat, nel 2008 il “Pil occulto” ha raggiunto i 275 miliardi di euro e ci sono ben tre milioni di nostri connazionali che lavorano in nero.
Anzi, meglio: che lavorano e guadagnano a nostra insaputa.
(La vista Colosseo è un optional)

lunedì 12 luglio 2010

A chi daresti due sberle?


Un italiano su due non pensa al proprio futuro (economico).
E i vecchi – secondo l’ultimo rapporto del consorzio Patti Chiari - hanno una cultura finanziaria superiore del 50% a quella dei giovani.
Cioè l’Italia di domani ne saprà ancora molto poco.
A meno che…
A meno che in questo paese la cultura finanziaria, adesso calcolata da un indice (ICF) che va da 0 a 10 come a scuola (e siamo a una media nazionale del 4,3: bassa come il voto di una verifica in greco), venga calcolata in sberle.
Hai toppato con il mutuo? Tre sberle.
Hai clamorosamente fallito nella scelta di un fondo? Due sberle.
Insisti a comprare i Bot per il lungo periodo e azioni per il breve? Cinque sberle (e un calcio negli stinchi).
Ma il passo successivo sarebbe calcolare il sberle anche il danno di chi ci induce a queste scelte vergognosamente sbagliate.
Tanti giornalisti ne uscirebbero con la faccia perennemente tumefatta.
Tanti bancari dovrebbero girare con il casco.
Certi banchieri, probabilmente, assumerebbero degli stuntman come controfigure.
No, le sberle non risolverebbero altro, se non la nostra immensa voglia di sfogarci.
Perché, in ogni caso, resteremmo ignoranti e facili prede.
Alla fine il rapporto individua lo strumento di azione nello “sforzo congiunto” per migliorare il livello di educazione finanziaria in Italia.
Enti, industria bancaria e finanziaria, media, scuola e associazioni dei consumatori: tutti insieme “congiuntamente” devono trovare un modo per sollevare la cultura del risparmio, nella consapevolezza che sia un elemento essenziale per la prosperità economica di ogni nazione.
Felici per queste belle parole.
Ma, se capita, anche due sberle proprio no?

venerdì 2 luglio 2010

Profumo e l'Arabia esaudita


Unicredit Aabar, anzi Unicredit Akbàr (più orecchiabile, significa Unicredit è grande).
Sì, detto in arabo suona ancora male. Ma il fatto è che Alessandro Profumo ha trovato ancora un modo perché si parli di lui e delle sua banca in molte lingue: italiano, tedesco, inglese e certamente arabo.
Stavolta niente derivati scapestrati, niente voci di fallimenti tecnici, niente bonus milionari.
Stavolta si parla di nuovi soci che qualcuno definisce “ingombranti”. Soci che vengono da lontano, da Abu Dhabi; ma poi non così lontano, visto che nel capitalone di Unicredit ci sono già i libici con il 4,988%: più laici, più interconnessi con le nostre storie, a portata insomma di peschereccio…
Fa pensare, magari, che il fondo Aabar con il suo 4,991% ora sia il secondo azionista della banca a un filo di scimitarra dalla quota di Gheddafi. E allora se la prende il sindaco ad altà velocita di Verona Flavio Tosi, che teme si riduca il ruolo della Cariverona e, tra un autovelox e l’altro, invoca l’intervento crociato del Governo. Perché una cosa sono i padani, un’altra i pagani…
“A noi le banche del Nord”: ve lo ricordate il petardo lanciato da Bossi nel mezzo del dibattito sulla salute dei nostri istituti di credito?
Non sembra che stia andando come il Senatur avrebbe voluto. Il mercato segue vie che il cuore non conosce: in questo caso per l’operazione gli emiri hanno messo sul tavolo poco meno di 2 miliardi di euro (1,8-1,85 per i pignoli). E lo hanno fatto dopo essersi presi il tempo giusto per ragionare: il 14 gennaio 2009 un articolo di Alessandro Graziani su “Il Sole 24Ore” raccontava dei viaggi di Profumo ad Abu Dhabi a caccia di nuovi soci.
Un anno e mezzo dopo il Superbanchiere si è sicuramente ripagato il biglietto dell’aereo in business.
(L’andata di sicuro. Il ritorno chissà...).