mercoledì 28 aprile 2010

La Grecia e il default "aristotelico" (olive comprese)


Tutti si chiedono, in queste ore, come possa fallire uno Stato sovrano. La risposta è di una semplicità disarmante: può fallire esattamente come tutti gli altri, siano persone o società. C'è una caratteristica, però, che fa la differenza: quando uno Stato fallisce - o anche se ci va vicino - viene meno a quei requisiti di moralità e di rigore con i quali dovrebbe garantire la tutela della cosa pubblica, rinuncia cioè a quel sacro dovere di difendere qualcosa che è veramente di tutti.
Uno di noi - gente normale - può sbagliare e fare il passo più lungo della gamba: ne soffrirà lui, la sua famiglia e chi gli sta vicino.
Anche una società (di capitali, chiaramente) può fare errori gravi: come vivere al di sopra delle proprie possibilità, magari per compiacere gli azionisti, fino ad arrivare a truccare i conti.
Se a truccare i conti, però, è uno Stato "sovrano", la cosa assume i contorni di una contraddizione non solo economica - che in fondo sarebbe veramente il meno - ma di una terribile negazione dei presupposti democratici sui quali si fonda una nazione. Perché il suo errore pesa non solo su una famiglia o su una società, ma su tutte le famiglie e su tutte le società. (Povero Aristotele, lui che parlava di etica e virtù...).
La Grecia truccava i conti, ecco la sostanza di tutto.
Ora dichiararne "spazzatura" il debito è il solito esercizio retorico inutile se si ferma a questo e non va avanti, perché anche stavolta erano in molti a sapere prima, molto prima.
Sta emergendo (e sai che novità) che Goldman Sachs - già nell'occhio del ciclone - avrebbe segretamente organizzato uno swap in valuta per alleggerire i conti del paese di Aristotele. Più precisamente (per chi ama i ceselli) l'operazione, partita nel 2002, sarebbe stata un cross-currency swap grazie al quale il debito statale emesso in dollari o yen viene scambiato con debito in euro per poi essere nuovamente ricentrifugato nella valuta iniziale. E' una prassi abituale alla quale, negli anni, abbiamo attinto anche noi, in modo meno aggressivo e certamente avendo alle spalle un'economia forse più solida di quella greca che esporta olive, gyros e poco altro. La variante "incriminabile" è che, diversamente dalla prassi, la Grecia e Goldman Sachs avrebbero stabilito lo swap con tassi di cambio non reali per permettere che Atene ricevesse una somma molto più elevata e incassasse crediti aggiuntivi fuori bilancio. Una transazione-boomerang.
Il risultato è che adesso qualcuno dovrà correre ai ripari con qualche miliardo pronta cassa per evitare il default a metà maggio: in quei giorni la Grecia dovrà restituire agli investitori il capitale della prima tranche di obbligazioni (i loro "bot", insomma).
C'è qualche "spazzino" pronto a farlo in nome della difesa dell'equilibrio continentale e della moneta unica? Certo che sì. Le tensioni di queste ore si riducono, in fondo, a una volontà ferrea della Germania di accollarsi qualche responsabilità di salvataggio in più.
Tanto per riassicurarsi quel ruolo di controllo sulla politica monetaria europea che finora non è quasi mai stato messo in discussione.
Scusate, ma secondo voi c'è qualcuno nelle condizioni di opporsi?

venerdì 23 aprile 2010

Le tre F, il salone del risparmio e l’educazione finanziaria.


Sembra l’inizio di una di quelle barzellette: “ ci sono un’inglese, un francese e un’italiano”, invece è un breve resoconto della tre giorni al Salone della gestione del risparmio.
A piazza Affari nel parterre e nei sotterranei di palazzo Mezzanotte, le tre F sono state ampiamente rispettate: finanza, football e f…. Infatti oltre agli addetti ai lavori non sono mancati calciatori e personaggi dello spettacolo che parlavano di risparmio e investimenti, il che fa quantomeno pensare al perché non ci sia almeno un analista finanziario, che parla di pallone, a Controcampo la domenica sera. Del resto sempre per il famoso assioma di cui sopra non c’era Melissa Satta, insieme ad Alberto Brandi, ma le società prodotto hanno ampiamente (si fa per dire perché Melissa è Melissa) compensato l’assenza della valletta piazzando un esercito di hostess distributrici di sorrisi e di gadget. Siamo comunque lontani dai livelli del Motor Show e dei saloni dell’auto e del mobile, ma anche la triste ed autoreferenziale Finanza, quella senza le mostrine, ha cominciato a esporre i propri prodotti in maniera più colorita. Qualcuno ha detto che negli stand dove la “presenza” era più agguerrita bisognasse nascondere qualche contenuto di competenza ma queste sono solo le maldicenze degli invidiosi.
Numerosissimi i convegni, davvero tanti e con personaggi davvero autorevoli qualcuno come sempre pieno di storia e anche di boria. Una volta il miglior carrello dei bolliti veniva servito all’Assassino, ristorante milanese , dove il Milan di sacchiana memoria era solito festeggiare le proprie vittorie; ora che vince l’Inter i “bolliti” li hanno trasferiti nel parterre di Palazzo Mezzanotte, freddi e a parlare di finanza. E l’educazione finanziaria? Direte voi. Di quella, che va di gran moda oggigiorno, hanno riempito di parole le sale. Davvero come accade per il sesso ne hanno parlato tutti, perché pochi la fanno. Un autorevole country manager etico e di spessore ha dichiarato che l’intento non fosse quello di educare ma di lobotomizzare. Difficile non essere d’accordo. Un plauso a Invesco che invece di confondere e stordire durante il giorno ha deciso di “ubriacare” gli attori della finanza con un piacevole quanto gradito “fuori salone” al just Cavalli, ma rigorosamente la sera, e naturalmente per non sfigurare, in assenza dell’educazione, con la presenza di tanta F.

Povera Goldman beccata con le mani nel... Sachs


La blasonata Goldman Sachs, beccata come un topo con i denti nel formaggio, si difende. Dice che è brava, pura, che mai e poi mai avrebbe fatto qualcosa per danneggiare i clienti. Il problema, però, è proprio diverso ed è tutto lì il peccato originale, la "nube" che ha fatto schiantare il mondo nella sua crisi (finanziaria, economica e morale) più grave della storia.
Prima di andare a caccia dell'ultimo dettaglio di cronaca nera, è su questa filosofia che bisogna concentrarsi.
Perché il caso Goldman, grazie alle spiegazioni dei suoi portavoce e dei suoi manager, a leggerle bene diventa un emblema del modo distorto con cui ragiona la finanza. Un esempio che vale forse più di Lehman.
Il problema non è quello di "non fare niente contro i clienti" (e poi, comunque, vedremo se è così) piuttosto quello di fare solo l'interesse degli azionisti e di se stessi.
Però questo equivale a lasciare sempre indietro qualcuno, consapevole che questo non è il prezzo da pagare, ma quello da incassare.
C'è una grande differenza, credeteci.


Uomini d'oro... Sembra che Goldman (ironia della sorte, il nome in inglese significa "uomo d'oro") con una mano creasse prodotti finanziari e con l'altra ci scommettesse sopra, ma al di là della presunzione di innocenza fino a prova contraria (in fondo vale anche per i serial killer), qualcosa deve far riflettere: avere, come lei, macinato profitti per 3,29 miliardi di dollari nell'anno orribile del mondo denota una "miracolosa" capacità di arricchimento. E anche di discreta faccia tosta. Insomma, siamo alle solite: crisi o non crisi (e sbattendosene allegramente della sua origine finanziaria) le banche continuano a fare utili più di prima.
Dirà il tribunale se c'è stato reato. Ma, comunque vada, è opportuno far circolare liberamente un'idea molto più utile da subito: moralmente Goldman è colpevole.

Bella gente. Eh sì, perché a ripercorrere questo ultimo horror a Wall Street vengono in mente un sacco di nomi eccellenti. Da Goldman Sachs sono passati economisti e Nobel, "ministri" dell'esecutivo americano e governatori di banche centrali. Per fare qualche esempio nostrano, da consulenti hanno timbrato il cartellino alla Goldman Romano Prodi e Mario Monti, mentre il governatore della Banca d'Italia ne è stato vicepresidente dal 2002 al 2005. Questo solo per dire che stiamo parlando di un ramificatissimo e prestigioso salotto della finanza internazionale, il cui coinvolgimento in un (presunto) scandalo non può che fare notizia.
Perché Goldman, oltre ad essere un crocevia altolocato finora non sporcato dagli schizzi del fango che hanno definitivamente oscurato la grande rivale Lehman Brothers, ha avuto un ruolo non tanto marginale nella costruzione e nella gestione dell'economia americana degli ultimi anni. Ne era stato alto dirigente Robert Rubin, poi diventato segretario al Tesoro con Bill Clinton; ne era stato vicepresidente Henry Paulson, che ha avuto la stessa carica di Rubin con la presidenza di Bush junior.
Per la cronaca, il titolare dell'hedge fund che ha messo la banca sulla graticola si chiama John Paulson. (Omonimia casuale, ma che dispettoso a volte destino...).
Perciò, senza per forza cedere alla tentazione (fortissima) di giocare con il revisionismo storico, questi ultimi due anni d.L. (dopo Lehman) potrebbero essere riletti con una visione più ampia. Che ne dite?

Wikipedia? Scivola. Goldman parla di accuse "infondate" e qua e là qualcuno ora fa molta attenzione a tritarla come fece invece in un fine settimana a mercati chiusi con Lehman Brothers. Insomma, il teorema del "furbettismo" stavolta non si applica automaticamente, c'è più prudenza. Tanto che alla sua voce su Wikipedia c'è scritto che "il 16 aprile del 2010 Goldman Sachs è stata, abbastanza inaspettatamente, incriminata per frode dalla Sec". Inaspettatamente? Ma signore e signori, per favore, venite giù dal pero. Goldman è come le altre puramente, semplicemente, profondamente una banca. Fa da anni quello che fanno le altre banche, solo che finora non l'avevano beccata.
In questo mondo dove le regole ce l'hanno solo promesse nei talk show come i nuovi posti di lavoro, a certi livelli non sono mai esistite e non esistono differenze; le porcate non vanno divise tra grandi e piccole, ma tra note e ignote.

Obama? He can. Lui altroché se può, e infatti lo fa. Se quella contro Goldman sia poi solo il primo trillo della sveglia contro Wall Street non c'entra: il vero problema è che, mediamente, da due anni ci stanno prendendo per il "fondo" e non è cambiato niente. Andiamo in giro per convegni, seminari e presentazioni a dirlo senza essere dei geni e senza scrivere in prima come certi bocconiani in pausa di governo che se la menano con le riforme senza che ne arrivi mai una davvero. Crescere senza cambiare è inutile: le regole servono eccome.
Il mondo ha le pezze (dove non batte mai il "sole"), la disoccupazione è alta, la produzione industriale bassa, i consumi ristagnano, e la Borsa invece se ne frega e sale da un anno? Economia ferma e azioni da mille e una notte, mentre qualche bankiere (di sinistra) si aumenta lo stipendio di un milione e poi fa lo schizzinoso se uno come Bossi dice che vuole la sua e le altre banche?
Piano piano, tra un reality e un telegiornale stri-Minz-ito, magari cominciamo a a capire anche qui che cosa ne fanno dei denari rastrellati con le speculazioni anziché darli alla piccola impresa, agli artigiani (e ai disgraziati). Se non apriamo gli occhi adesso, non lo faremo mai più.

domenica 18 aprile 2010

E' NATO

L'abbiamo fatto: abbiamo aperto il nostro blog.
E così ora parleremo, scriveremo, penseremo, rifletteremo, argomenteremo, analizzeremo e soppeseremo quel che passa il convento. Succederà anche che ci autoreferenzieremo, ci allungheremo e ci accorceremo (speriamo non troppo, perché oltre ci sono solo Brontolo e Pisolo).
Ma una cosa è certa: ci appassioneremo, saremo indipendenti e più realisti del re (senza alcun titolo nobiliare, perché è nella democrazia delle idee che crediamo).
Questo blog è dedicato a chi ha letto i nostri libri, a chi non li ha letti e anche a chi non li leggerà. A chi ci scrive dopo aver letto le nostre scorribande su "Oggi" dicendo che non trova risposte e le cerca da noi (perché l'ufficio reclami è stato affidato a Gambadilegno).
A chi vuole parlare di regole e non si rassegna; ma anche a chi le regole non le vuole, purché ci spieghi il perché.
E' rivolto a chi crede che popolare è giusto perché il contrario è impopolare.
A chi vuole cambiare passo, ricordandosi che l'ultimo dipende dal primo; a quanti come noi credono più ai clienti che agli azionisti, a chi come Zio Gino abbocca sempre ma crede come noi che in futuro la differenza la faranno gli uomini (e, soprattutto, le donne).
Un grazie sconfinato a quelli che in questi anni ci hanno dato fiducia, ci hanno sostenuto e ci hanno regalato l'emozione sincera di un abbraccio o di una stretta di mano.
Questo blog lo abbiamo aperto per voi.
Ora, però, non fateci fare la figura dei pirla: non lasciateci soli.

Lorenzo e Marco