martedì 26 ottobre 2010

Il marchio di Marchionne



Quando, nel 2004, Sergio Marchionne diventa amministratore delegato di Fiat, praticamente un illustre sconosciuto per la platea popolare, tutti lo definiscono come il più internazionale dei manager possibili.
Adesso, proprio per quell’internazionalità lo criticano.
Sveglia! C’è la globalizzazione…
Visto? Due foto: qual è il cervello che conta di più? Quello italiano o quello canadese?
“Fiat senza l’Italia starebbe meglio. Nemmeno un euro dei 2 miliardi di utile è stato fatto in Italia”. Non è vero, e lui lo sa, visto che nel terzo trimestre – a meno che non abbiano truccato i conti e non ci crediamo – Ferrari ha registrato 76 milioni di euro di utili lordi (24 in più rispetto allo stesso periodo del 2009) e Maserati ne ha registrati 4 milioni (3 in più). Dato che le rosse e le quattroporte non risulta che le facciano (ancora) in Serbia o in Polonia, è chiarissimo un fatto: quella di Marchionne è una pura e semplice provocazione, dura quanto si vuole, ma calcolatissima.
Bisogna chiedersi, a questo punto, quale possa essere il progetto industriale che sottende a frasi così. E quanto tempo potrebbe metterci per essere presentata, visto che la sortita nel salotto televisivo dava l’impressione di un sondaggio, più che di un’intervista.
Onestamente, ci sono dati veramente pesanti che (scusi Fini) possono far sobbalzare sulla sedia un canadese, ma anche un italiano. Poi, per carità, il fatto che negli anni il contribuente abbia sostenuto l’icona nazionale è lampante.
Detto con sacro rispetto dei lavoratori degli stabilimenti italiani, con la premessa che obiettivamente certe frasi sono state veramente ingenerose, proviamo a fare due calcoli banali sulla produttività di cui tutti parlano.
Mirafiori, 5400 dipendenti e 178mila auto all’anno: cioè un dipendente ne “costruisce” 33 all’anno. A Cassino i dipendenti sono 4.000 e le auto prodotte 105.000: 26 a testa. A Pomigliano, 5200 dipendenti ne producono 36.000: quindi, ognuno di loro ne sforna 7 all’anno. E via così: a Termini un dipendente ne fa 28 all’anno e a Melfi 53.
In Polonia, 6000 dipendenti per 600.000 auto aumentano questo rapporto a 1 a 100. In Brasile siamo a 1 a 73.
E’ chiaro che non tutte le auto sono uguali: qualcuna ha bisogno di più giorni di lavoro, altre di meno. Poi alcune linee sono più moderne.
Però, tra le 7 di Pomì e le 100 della Polonia, il divario sarà dato da tante cose, moltissime a favore delle ragioni nazionali, ma quello con le 33 di Mirafiori, le 28 di Termini e le 53 di Melfi possibile che non dica niente nemmeno a Epifanio?

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