sabato 5 giugno 2010

Trento e i canederli dell'informazione


Al Festival dell'Economia di Trento quest'anno si parlava di crisi e informazione, dell'importanza che avrebbe avuto la seconda a farci capire meglio la prima, e via discorrendo con una sfilza di dottissime prolusioni di prof, direttori e massmediologi che tra un morso al canederlo e una fetta di strudel hanno avuto modo di andare a caccia di colpevoli.
Se credete, andate a vedere il programma degli interventi e vi accorgerete che i presenti sono stati scelti - ma guarda un po' - tra lo zabaione dei bravi direttori di quotidiani e di telegiornali, tra i celebranti di noti e rinomati talk show. I soliti.
E allora viene da farsi la domanda da poveri peones (e onestamente ci rode non essere a Trento, ma noi si sa: non siamo abbastanza a destra, né abbastanza a sinistra, né abbastanza cremini, però nemmeno cretini): dov'erano nei giorni della crisi quando i loro giornali ce la raccontavano attraverso le penne di qualche consigliere di Confindustria o di qualche fondazione bancaria? Quando a fare i fighi sotto i riflettori c'erano i vari barbagianni che da lustri si spartiscono le comparsate a gettone?
A Trento, certo, hanno fatto tutti autocritica, si sono battuti il petto (e poi via a farsi l'ultimo canederlo...), ma forse si è persa l'occasione di focalizzare il vero problema che ha l'informazione economica nel nostro paese: il linguaggio.
Quando andammo in libreria con "Vaffanbanka!" un importante direttore (di un importante quotidiano) ci disse che avevamo fatto "un discreto tentativo di divulgazione popolare".
Discreto e popolare, capito? L'idea che ci possa essere qualcuno che tenta di spiegare alla gggènte quello che pochissimi spiegano, utilizzando la lingua dei nostri bar e non quella dei pub (swap, switch, benchmark...), è vista come un esercizio da peones. Lo vogliamo ribadire: da ignoranti siamo ottimi clienti e l'informazione economica nel nostro paese era e resta al servizio dei suoi finanziatori pubblicitari e dei suoi azionisti.
Che sponsorizzano i festival e, sotto sotto, sperano che restiamo ignoranti. E peones.

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