
Tutti si chiedono, in queste ore, come possa fallire uno Stato sovrano. La risposta è di una semplicità disarmante: può fallire esattamente come tutti gli altri, siano persone o società. C'è una caratteristica, però, che fa la differenza: quando uno Stato fallisce - o anche se ci va vicino - viene meno a quei requisiti di moralità e di rigore con i quali dovrebbe garantire la tutela della cosa pubblica, rinuncia cioè a quel sacro dovere di difendere qualcosa che è veramente di tutti.
Uno di noi - gente normale - può sbagliare e fare il passo più lungo della gamba: ne soffrirà lui, la sua famiglia e chi gli sta vicino.
Anche una società (di capitali, chiaramente) può fare errori gravi: come vivere al di sopra delle proprie possibilità, magari per compiacere gli azionisti, fino ad arrivare a truccare i conti.
Se a truccare i conti, però, è uno Stato "sovrano", la cosa assume i contorni di una contraddizione non solo economica - che in fondo sarebbe veramente il meno - ma di una terribile negazione dei presupposti democratici sui quali si fonda una nazione. Perché il suo errore pesa non solo su una famiglia o su una società, ma su tutte le famiglie e su tutte le società. (Povero Aristotele, lui che parlava di etica e virtù...).
La Grecia truccava i conti, ecco la sostanza di tutto.
Ora dichiararne "spazzatura" il debito è il solito esercizio retorico inutile se si ferma a questo e non va avanti, perché anche stavolta erano in molti a sapere prima, molto prima.
Sta emergendo (e sai che novità) che Goldman Sachs - già nell'occhio del ciclone - avrebbe segretamente organizzato uno swap in valuta per alleggerire i conti del paese di Aristotele. Più precisamente (per chi ama i ceselli) l'operazione, partita nel 2002, sarebbe stata un cross-currency swap grazie al quale il debito statale emesso in dollari o yen viene scambiato con debito in euro per poi essere nuovamente ricentrifugato nella valuta iniziale. E' una prassi abituale alla quale, negli anni, abbiamo attinto anche noi, in modo meno aggressivo e certamente avendo alle spalle un'economia forse più solida di quella greca che esporta olive, gyros e poco altro. La variante "incriminabile" è che, diversamente dalla prassi, la Grecia e Goldman Sachs avrebbero stabilito lo swap con tassi di cambio non reali per permettere che Atene ricevesse una somma molto più elevata e incassasse crediti aggiuntivi fuori bilancio. Una transazione-boomerang.
Il risultato è che adesso qualcuno dovrà correre ai ripari con qualche miliardo pronta cassa per evitare il default a metà maggio: in quei giorni la Grecia dovrà restituire agli investitori il capitale della prima tranche di obbligazioni (i loro "bot", insomma).
C'è qualche "spazzino" pronto a farlo in nome della difesa dell'equilibrio continentale e della moneta unica? Certo che sì. Le tensioni di queste ore si riducono, in fondo, a una volontà ferrea della Germania di accollarsi qualche responsabilità di salvataggio in più.
Tanto per riassicurarsi quel ruolo di controllo sulla politica monetaria europea che finora non è quasi mai stato messo in discussione.
Scusate, ma secondo voi c'è qualcuno nelle condizioni di opporsi?